Fare finta sul serio

Prima di iniziare a provare passiamo più di un’ora a lavorare sul corpo, sviluppando stati d’animo, posture, vocalità e gesti che nella vita normale fanno solo i bambini sotto i due anni e gli animali nella loro splendida superiorità al giudizio altrui. Si chiama training e la prima volta che l’ho visto volevo darmi malata.

Solo la naturalezza con cui i corpi dei miei compagni si sono fatti soggiogare dagli ordini ipnotici della trainer mi ha indotta a lasciarmi andare, almeno nei limiti in cui alla mia età è possibile farlo senza averlo fatto mai prima. Con tutto quello che devo imparare per stare in scena potrebbe sembrare assurdo che sia proprio la questione del corpo a rappresentare per me la frustrazione maggiore, eppure è così.

Sono una persona normalmente socializzata, il che significa che per gran parte del giorno fingo quello che non provo e nascondo quello che provo veramente, proprio a partire dal corpo.

La verità rivelandosi crea conflitto, mentre la buona educazione è una disciplina che procede per sottrazione e arriva fino alla negazione più grande di tutte: la propria. Nelle vite normali non facciamo altro che simulare. Sorridiamo quando vorremmo mandare la gente a fare in culo, non piangiamo in pubblico neanche se siamo disperati, fingiamo compiacimento nella frustrazione, interesse nella noia, piacevolezza nel fastidio e se ci chiedono come stiamo rispondiamo sempre “bene!”. Non vuol dire che siamo tutti attori, ma di certo vuol dire che tutti indossiamo maschere che occultano gran parte di quel che siamo. Sulla scena invece ho visto il processo invertirsi: si recita per ostensione, non per nascondimento. In tutto il lavoro di improvvisazione – un tempo meraviglioso che purtroppo in scena non si vedrà – Veronica ci ha chiesto di attingere ai nostri pozzi interiori, a quello che di vero abbiamo provato nella vita.

Qual è dunque la differenza tra simulazione e recitazione? Mi pare di coglierla nell’intenzione d’autenticità. La simulazione è dichiaratamente menzogna, mentre la recitazione è una verità presa in prestito e poi restituita. Sul palcoscenico può persino accadere che ti venga chiesto di fare entrambe le cose e di farle così bene da far capire a chi guarda se il personaggio che stai recitando sta simulando con gli altri personaggi qualcosa che in scena non pensa. È uno specchio nello specchio, ma riflessa vi apparirà sempre la faccia dello spettatore. A pensarci adesso mi rendo conto che ogni volta che sono andata via seccata da un teatro a spettacolo ancora in corso è stato perché quel riflesso non c’era.

Leave a comment